lunedì 6 agosto 2012

I gusti

Cosa è reale e cosa non lo è?
In teoria tutto ciò che viene propinato al nostro cervello passa attraverso l'opinione marcata e monopolizzante dei sensi, quindi tutto ciò che teoricamente le nostre palle degli occhi ci descrivono deve equivalere a verità, e così anche le vibrazioni che indugiano nei nostri pertugi vestibolococleari, ma spesso ci scontriamo con l'assoluta incertezza che quello che vediamo sia definito come unico punto di riferimento.
Di questo spiacevole scherzo è responsabile il cervello, desideroso di vendetta e anche il più deficiente degli elementi dello scenario, visto che è lui stesso ad ordire strutture comportamentali complesse a partire dalle preferenze e dagli stimoli sensoriali, in modo da poter ingannare se stesso con idee di sua creazione.
A partire da questa deprecabile tendenza del cervello umano a definire cose come "giusto" o "sbagliato" oppure "meglio" o "peggio" in generale secondo un ragionamento spesso errato e costruito su fondamenta stabili quanto l'aria, l'uomo ha sviluppato un'orripilante demagogia delle opinioni, che si condensa, in soldoni, nella giustificazione dell'idea della maggioranza come ideale assoluto, eterno, privo di se e di ma.
Ma il cervello umano è conosciuto per aver la memoria corta, tanto da scordare che ciò che viene decretato poco prima come negativo può poco dopo ottenere la maggioranza in quella orribile demagogia chiamata tendenza.
Non prendetemi per un anticonformista. La tendenza non ha sempre torto (anche se spesso ce l'ha, visto che a mio dire molti elementi della maggioranza non hanno mai sviluppato un punto di vista differente da quello dei loro orifizi più sgradevoli, spesso situato fra le loro natiche o similmente appena sotto il loro naso) e allo stesso modo non c'è un metodo sicuro ed ineccepibile per definire quando ciò accada. Tutto questo cade sotto il relativismo gnoseologico, come sempre, e ringrazio che un mucchio di simpatici barbuti nullafacenti con il senso del business abbiano contribuito a farlo notare all'antica Grecia.
Fatto sta che non è importante che la tendenza sia sempre assoluta e assoluta in modo positivo verso cose oggettivamente positive, perché dicendo oggettivamente staremmo mandando a puttane tutto l'impianto di cui sopra.
Quello che bisogna imparare è a credere nella propria personale esperienza a prescindere dalla tendenza (e non facendo gli hipster, che altro non sono che gente che segue la tendenza di non seguire le tendenze maggiori solo perché è bello seguire una tendenza diversa) dopo aver sviluppato l'arte dell'uscita dal corpo. Non sto parlando di esperienze extra-corporee, ma solo della capacità di uscire dal proprio punto di vista. Una volta viste le differenti opinioni, è giusto anche tornare alla propria qualora la si ritenga migliore.
Mi voglio spiegare in un modo più terreno.
Molti al giorno d'oggi indossano occhiali con montature enormi, spesse, pesanti, rigide. Un tempo indossarle era sinonimo di possesso di lenti spesse, dovute a problemi di vista che venivano ricondotti per logica da quattro soldi allo studio indefesso tipico di persone chiamate secchioni. Tali elementi del branco umano chiamato società erano considerati incapaci dell'interazione e della leadership nei branchi dei giovani.
Oggi la tendenza si è capovolta, e i leader dei branchi di giovani umani indossano occhiali da sole e non, ma rigorosamente enormi, e molto spesso con lenti così grosse da avere satelliti propri.
Quello che cerco di dire non è di smettere di indossare occhiali dalla montatura spessa che al momento sono molto fighi perché è da ipocriti. Io stesso potrei essere benissimo accusabile di ipocrisia, visto che tornando indietro con le pagine di questo blog trovereste molte mie testimonianze di un'opinione completamente diversa. Ciò che rende stupidi, incoscienti e soprattutto dei deficienti a livello oggettivo (e stavolta il termine è accettabile) è il nascondere tale ipocrisia. L'ipocrisia di base dell'uomo è il cambiare idea, e credo che sia un punto decisamente a favore della razza umana. Il nascondere l'atto di cambiare idea, di cambiare tendenza, e far assurgere l'idea dell'ultimo momento ad assoluta ed eterna nel tempo e nello spazio, è l'atto di bieco occultamento dell'arte umana di cambiare i propri concetti in merito alle proprie conoscenze.
Non so proprio perché ho scritto tutto ciò. Forse ne avevo bisogno, forse no.
O forse è perché il fatto che i miei genitori continuino a rompermi le palle sul fatto che la mia tracolla è per loro esteticamente orribile quando per me l'estetica è assolutamente secondaria, visto che al suddetta tracolla è funzionale, ottima e capiente, nonché molto più fruga di qualsiasi tracolla in pelle firmata Lacoste o Piquadro che mi abbiano fatto vedere.
Forse era meglio omettere questa parte.

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